HERE – Qui, nella casa «macchina del tempo»

Se questi muri potessero parlare, racconterebbero un «ritorno al futuro» tutto in una stanza. 

Così pare affermare Robert Zemeckis, prendendo le mosse per il suo nuovo film, Here, dall’omonima graphic novel di Richard McGuire. Il 72enne regista che in una delle trilogie più famose degli anni Ottanta ci faceva viaggiare su una macchina del tempo, oggi continua a farlo… restando in salotto. 

Gioca a farci osservare il susseguirsi delle età da un punto di vista fisso: un’unica inquadratura, abitata da persone diverse a seconda delle epoche, (quasi) sempre all’interno della stessa casa. La cornice del discorso spazia, infatti, anche tra le ere geologiche e, così, va in scena molto più d’un album dei ricordi animato. 

Nasce un vero film-saggio di montaggio, che si compone per stratificazione: l’immagine principale, infatti, viene «strappata» come fosse un décollage di Mimmo Rotella, facendo trapelare dettagli d’altri tempi in specifici riquadri. E così, dove c’era la radio arriva la tv, mentre la reale protagonista è la vita che si rigenera. La coralità, dapprima «affollata», lascia emergere alcune storie principali, che nell’alternanza accendono emozioni. La tessitura di temi che riecheggiano dall’una all’altra, restituisce la meraviglia della galassia umana. Perno dell’esperimento è un Hanks perfetto: eterno ed etereo Forrest Gump, naufrago alla «Cast away» su quell’isola chiamata famiglia.

Il cinema esprime in modo innovativo la capacità di farsi casa, teatro di vita che diviene spettacolo anche quando non spettacolare, bensì ordinaria, ma sempre vibrante di unicità. Nessun luogo è un luogo comune, se osservato attentamente.

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(Qui – stavolta è proprio il caso di dire – il trailer)