Il lavoro che spinge a emigrare, le gioie e i dolori della celebrità online, la realtà che si trasforma in una bolla claustrofobica, nitida e trasparente, tipica del nostro “mondo nuovo”.
Come si fa a tenere insieme tutti questi temi in un unico racconto? E magari con levità, senza mettersi in cattedra, cesellando un film contemporaneo ma anche sospeso nel tempo, destinato a rimanere nella memoria, come testimonianza dell’era medieval-digitale che stiamo tutti vivendo da pionieri.
Sembra impossibile, ma si può: lo dimostrano Andrea Brusa e Marco Scotuzzi con Le Voci Sole, una commedia familiare atipica, che rivitalizza il cinema italiano grazie al coraggio di sperimentare. (Qui il trailer)
L’affiatato duo di registi, infatti, osa scegliere nuove vie – sia in scrittura che in fatto di messa in scena – sovvertendo l’idea di genere precostituito e valorizzando alcune corde attoriali – generalmente sopite – dei tre protagonisti, noti soprattutto per il registro comico, che qui invece svelano ottime doti drammatiche.
È una conferma di versatilità per l’attore Giovanni Storti, nuovamente diretto in un ruolo drammatico – lontano dall’abituale veste umoristica che l’ha reso celebre con il trio Aldo, Giovanni e Giacomo – proprio come già sperimentato dagli stessi autori che lo avevano già scelto per il breve e ammaliante corto Magic Alps (vincitore di una trentina di premi e selezionato in oltre cento festival), dove interpretava un rigoroso funzionario alle prese con un rifugiato giunto in Italia con la propria capra al seguito e irremovibile dinanzi alle richieste di separarsi dall’animale.
Giovanni in «Le voci sole» è, invece, un operaio italiano che, dopo la chiusura della fabbrica dove lavora, si trasferisce in Polonia, assunto da una grande fonderia. A casa restano la moglie (Alessandra Faiella) e il figlio adolescente (Davide Calgaro), lei in apprensione, lui intraprendente nell’illustrare ai genitori le potenzialità del web. L’unità familiare spezzata, infatti, si ricompone grazie ad Internet, che tuttavia a sorpresa finisce per essere anche strumento di un’inattesa esposizione mediatica e instilla il germe della celebrità nelle vite ordinarie dei protagonisti.
Il film procede come un apologo, una fiaba che intrattiene ed educa al contempo, dove anche il rigore della messa in scena suggerisce un afflato pedagogico (un esempio è la regia perfettamente calibrata con le emozioni dei personaggi durante la prima videochiamata tra moglie e marito, nella sequenza commentata dai registi per la rubrica anatomia di una scena di Internazionale.it).
Prodotto da Andrea Italia per Nieminen Film (con Point Nemo ed Èliseo Multimedia e vede Luca Barbareschi produttore associato), il lungometraggio d’esordio è l’occasione per Brusa e Scotuzzi dimostrare coerenza con il proprio stile anche correndo sulla lunga distanza: il passo dai corti al primo lungometraggio, infatti, è spesso ricco di insidie, soprattutto nel ritmo e nel respiro della sceneggiatura, che invece risulta solida e brillante. Ennesima conferma per Brusa, già co-sceneggiatore (insieme con il regista Giulio Mastromauro) di Inverno, corto vincitore ai David di Donatello nel 2020.
Intellettuale e popolare convivono in Le Voci Sole: si specchiano nel black mirror degli schermi del quotidiano, affidando democraticamente agli spettatori il compito di trovare la propria lettura del film. Un’opera prima che nel tracciare una nuova via per rinvigorire la nostra cinematografia nazionale, prende il largo (come dimostra il Gran Premio della Giuria conquistato al Seattle International Film Festival) sospinta dal vento dei giganti del nostro passato, i maestri come Risi, Monicelli e Germi.